Kierkegaard


SORAN KIERKEGAARD 




Søren Kierkegaard è nato a Copenaghen il 5 maggio 1813 ed è morto nella sua città natale l' 11 novembre 1855. Egli è stato un filosofo, teologo e scrittore danese, il cui pensiero è da alcuni studiosi considerato punto di avvio dell'esistenzialismo.







LE POSSIBILITA' E LE SCELTE DELL'ESISTENZA 
Per Kierkegaard l'esistenza si configura come una dimensione profondamente problematica, priva di certezze, attraversata dal dubbio e dall'inquietudine. Drammatica è la scelta tra le possibilità fondamentali dell'esistenza: la vita estetica, la vita etica e la vita religiosa. 

LA VITA ESTETICA E LA VITA ETICA

La vita estetica è propria di colui che vive l'attimo, l'istante eccezionale, cercando di assaporare il piacere della vita. Figure emblematiche di questa condizione sono Johannes, il protagonista del "Diario di un seduttore intellettuale", e Don Giovanni, l'eroe mozartiano simbolo del seduttore sensuale. 
Noia e insensatezza, però, affiorano in questo tipo di vita, rendendo l'esteta consapevole della propria insufficienza e della propria miseria e gettandolo nella disperazione più nera. 
L'alternativa è, per lui, la vita etica, impersonata dalla figura del marito. Nello stadio etico l'uomo sceglie la stabilità, la continuità, il sacrificio, accetta le strutture della società, la famiglia e si accomuna agli altri uomini nella fatica del lavoro da cui trae soddisfazione. Anche nella vita etica, però, si nasconde l'insidia dell'insoddisfazione e della noia e il rischio della sua degenerazione nell'acquiescenza e nel conformismo. 


LA VITA RELIGIOSA 
Da ciò deriva un diffuso senso di colpa e il pentimento per aver creduto nella propria autosufficienza; sentimento che, poco alla volta, fa affiorare l'esigenza della vita religiosa, vale a dire la necessità di fare il salto dell'etica alla fede. 
Il "Timore e Tremore", un'opera incentrata sulla figura di Abramo, Kierkegaard descrive la portata sconvolgente di questo passaggio. Il patriarca biblico accetta di sacrificare Isacco, il suo unico figlio, perché Dio glielo ha comandato. Ecco il paradosso della fede: Abramo il qualità di padre, era tenuto a salvaguardare la vita del figlio; questo gli dettava la norma morale. La fede però gli comanda l'opposto di quanto è ragionevole dal punto di vista degli uomini e delle leggi. 
La vita religiosa segna il culmine dell'esistenza umana che, per Kierkegaard, è fondata sulla scelta. 
Per il filosofo, infatti, l'esistere dell'uomo è concepito come ex-sistere, "uscire da sé", continua trascendenza della propria condizione verso il futuro, ossia come progettualità e possibilità. Tuttavia, osserva Kierkegaard, la possibilità è la più "pesante" delle categorie, in quanto è priva di qualsiasi garanzia di successo.

L'ANGOSCIA E LA DISPERAZIONE 
L'uomo, difronte a essa, prova un inevitabile sentimento di angoscia, cioè di vertigine, di timore indefinito di sbagliare, di scegliere il male, in quanto è consapevole che nella scelta è messa in gioco la sua stessa vita. 
La scelta esistenziale è sempre decisione tra alternative opposte, contraddittorie, fra estremi inconciliabili, e pertanto comporta un'assunzione radicale di responsabilità che per l'uomo è difficile da sostenere. 
L'altro sentimento fondamentale che caratterizza l'esistenza umana è la disperazione, che riguarda anch'essa la possibilità, ma non in quanto riferita al mondo, come nel caso dell'angoscia, bensì all'essere stesso del soggetto. 
Quest'ultimo è infatti lacerato da un'interna contraddizione: da un lato vuole il proprio essere, ma si scontra inevitabilmente  con i propri limiti e la propria finitezza; dall'altro vuole disfarsi di sé per aspirare a un io migliore, ma ciò si rivela impossibile. In entrambi i casi la possibilità è destinata allo scacco. 
La disperazione che ne deriva è la "malattia mortale" dell'uomo che, in ogni caso, non riesce e non può conciliarsi con se stesso e trovare pace.  

LA FEDE 


L'unica via di uscita dalla disperazione è la fede: in essa l'uomo, consegnandosi a Dio, trova quella conciliazione con se stesso che non era possibile negli altri stadi dell'esistenza.
Ma la fede non è rassicurante, è paradosso e scandalo, e la figura che meglio rappresenta questo carattere è Cristo, il Dio fatto in uomo, un mistero irriducibile alla ragione umana.



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